an arena
Barbati Gallery is pleased to announce the opening of an arena, a group exhibition presented in collaboration with Nonaka-Hill, Los Angeles. an arena opens Wednesday, April 17, 2024 from 6 – 8pm and continues through June 1, 2024.
an arena assembles diverse practices in ceramic, porcelain, glass, sculpture, installation, painting, drawing and photography to muse on notions of pure materials, alchemies, gravity, chance and controlled expressions, with a wink towards the Venetian aesthetic experience. The exhibition features artworks by Ryoko Aoki, Rando Aso, Miho Dohi, Sam Gilliam, Nobuya Hitsuda, Kentaro Kawabata, Kenneth Noland, Yoichi Ohira, Sterling Ruby, Reina Sugihara, Hiroshi Sugito, Masanori Tomita, Takeshi Yasura, Daisuke Yokota.
One of Japan’s great contributions to the development of Western Art’s Modernism is the inspiring flatness of Japanese art’s picture plane. Western conventions tended to prioritize perspective, a Renaissance achievement, with basic compositional values based on triangulated arrangement. Artworks which center on a void are rather rare in the West, but Japanese artists employed this vacant space and called it “ma”. The paintings, drawings and photographs assembled in an arena tend to be flat and lack a focal point. They activate a receptive plane which may be a frame or a floor, or have concavity such as a reservoir, a basin, a boat, a vessel or a spoon. Within an arena, countless arenas can be found.
A great admirer of Romanesque aesthetics, Nobuya Hitsuda observed the fleeting struggles of nature as Tokyo builds atop itself, much as Venice has. His flooded Reservoir 貯水池, 1997 painting feels at home in Venice, theatrically sited adjacent to Sterling Ruby’s Basin Theology/MADAME PELE, 2021, which appears as a boat, or even an archeological dig site. For both artists, banal built environments such as vacant lots, canals, fences, concrete walls are generative sites, and both offer willful flowers. Hitsuda’s Modernization of Japan’s opulent Rimpa and seasonal Yamato-e stylized painting genres cast influence over an arena.
The catalyst for an arena was a conversation on the notion of pure materials which brought comparison of Kentaro Kawabata’s Batista sculptures, comprised of sheets of raw-edged porcelain, shaped into shell-like volumes, and stained by cascades of melted colored glass to Sam Gilliam’s Color Field paintings, composed of yards of color drenched, stretcherless canvas, draped from the ceiling. Brought together in an arena, these curvaceous silhouettes are echoed by Hitsuda’s Sansui-ga inspired Mountains 山・・・, 2002 & Landscape 山水, 1997 and Reina Sugihara’s Years, 2023, where visceral rounded details are alternately layered with viscous, pooled varnishes, culminating in mysterious abstraction.
Masanori Tomita’s paintings, characterized by his rich matière, employs complex colors, and broken dishes to evoke a variety of concrete images including human features, landscapes, flowers, and coalesce into opulent fields. Works by Miho Dohi aggregate disparate modest materials, often selected for their “hand-feel” as the artist sculpts rotationally, before selecting the final position. Similarly, Daisuke Yokota chemigram photographs and Rando Aso’s alchemical tableau of clay and red iron oxide express the artist’s affection for deep material experimentation, liberated from any depictive agenda in favor of chance and serendipity.
Likewise, Takeshi Yasura’s operatic spatial installation works contemplate the cycles of nature, solar site specificity and human movement. An arabesque thread carries drips of madder root dye to an accumulating pool on the floor plane, scenting the room. Ryoko Aoki’s nimble drawings and delicate collages depict myriad imagery without regard to consistent style, composing multi-media works which explore a personal and elastic cosmology.
Trained in Nihon-ga and now extending the potential of the genre, Hiroshi Sugito’s atmospheric paintings depict spaces and objects in conflicting scales, questioning vantage point or vantage points. Sugito utilizes decorative vintage frames as tools for composing and compressing his reflexive images. Conversely, Kenneth Noland’s 1976 Color Field painting, a high-point in American abstraction, could demonstrate the aforementioned Japanese concept of “ma” by emphasizing void space as the main subject bracketed by graphic stripes.
Finally, a singular work of colored glass by longtime Venice resident Yoichi Ohira reminds us where we’re at; the dazzling capital of glass mastery.
an arena presents Nature vs. Culture as a tied game.
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an arena was accomplished through the generous contributions of the artists and with the participation of their galleries: Gagosian, Tomio Koyama, Pierre Marie Giraud, Hagiwara Projects, Kayokoyuki, Take Ninagawa, and Misako & Rosen.
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an arena
Barbati Gallery è lieta di annunciare l’apertura di an arena, una mostra collettiva presentata in collaborazione con Nonaka-Hill, Los Angeles.
an arena raccoglie diverse pratiche tra cui ceramica, porcellana, vetro, scultura, installazioni, pittura, disegno e fotografia per riflettere su concetti di materiali puri, alchimie, gravità, casualità ed espressioni controllate, con un occhio rivolto all’esperienza estetica veneziana. La mostra presenta opere di Ryoko Aoki, Rando Aso, Miho Dohi, Sam Gilliam, Nobuya Hitsuda, Kentaro Kawabata, Kenneth Noland, Yoichi Ohira, Sterling Ruby, Reina Sugihara, Hiroshi Sugito, Masanori Tomita, Takeshi Yasura, Daisuke Yokota.
Uno dei grandi contributi del Giappone allo sviluppo del modernismo nell’arte occidentale è la stimolante piattezza del piano dell’immagine dell’arte giapponese. Le convenzioni occidentali tendevano a privilegiare la prospettiva, una conquista rinascimentale, con valori compositivi di base basati su disposizioni triangolari. Le opere d’arte che si concentrano su un vuoto sono piuttosto rare in Occidente, ma gli artisti giapponesi hanno impiegato questo spazio vuoto e lo hanno chiamato “ma”. I dipinti, i disegni e le fotografie raccolti in an arena tendono ad essere piatti e privi di un punto focale. Attivano un piano di ricezione che può essere una cornice o un pavimento, o avere una concavità come un serbatoio, una vasca, una barca, un recipiente o un cucchiaio. All’interno di an arena, si possono trovare innumerevoli arene.
Grande ammiratore dell’estetica romanica, Nobuya Hitsuda ha osservato le fugaci lotte della natura mentre Tokyo vi si edifica sopra, proprio come ha fatto Venezia. Il suo dipinto allagato Reservoir 貯水池 del 1997 si sente a casa a Venezia, posizionato teatralmente accanto a Basin Theology/MADAME PELE del 2021 di Sterling Ruby, che appare come una barca, o addirittura come un sito di scavo archeologico. Per entrambi gli artisti, ambienti di costruzione banali come lotti vuoti, canali, recinzioni, muri di cemento sono siti generativi, e entrambi offrono fioriture volontarie. La modernizzazione dell’opulenta e stilizzata pittura giapponese Rimpa e dello stile stagionale Yamato-e da parte di Hitsuda esercitano un’influenza palpabile sulla mostra an arena.
Il catalizzatore per an arena è stata una conversazione sulla nozione di materiali puri che ha portato al confronto delle sculture Batista di Kentaro Kawabata – composte da fogli di porcellana con bordi grezzi, modellate in volumi a forma di conchiglia, e colorate da cascate di vetro colorato fuso – con i dipinti Color Field di Sam Gilliam, composti da metri di tela imbevuti di colore, senza telaio, appesi dal soffitto. Riuniti in an arena, questi profili curvilinei sono echeggiati dalle pitture di Hitsuda ispirate al Sansui-ga, Mountains 山··· del 2002 e Landscape 山水 del 1997 e da Years del 2023 di Reina Sugihara, dove dettagli arrotondati e viscerali sono alternativamente stratificati con vernici viscose accumulate in un’astrazione misteriosa.
I dipinti di Masanori Tomita, caratterizzati dalla sua ricca matière, impiegano colori complessi e piatti rotti per evocare una varietà di immagini concrete tra cui volti umani, paesaggi, fiori, fondendosi in campi opulenti. Le opere di Miho Dohi aggregano materiali modesti disparati, spesso selezionati per il loro aspetto tattile, mentre l’artista scolpisce in rotazione, prima di selezionare la posizione finale. Allo stesso modo, le fotografie chemigram di Daisuke Yokota e il tableau alchemico di argilla e ossido di ferro rosso di Rando Aso esprimono la devozione dell’artista per la profonda sperimentazione materica, liberata da qualsiasi agenda descrittiva a favore del caso e della serendipità.
Allo stesso modo, le opere di installazione spaziale operatiche di Takeshi Yasura contemplano i cicli della natura, la specificità del sito solare e il movimento umano. Un filo arabesco porta goccioline di tintura di radice di rubia a un vaso accumulante sul piano del pavimento, profumando la stanza. I disegni agili di Ryoko Aoki e i suoi delicati collage ritraggono una miriade di immagini senza riguardo per uno stile coerente, componendo opere multimediali che esplorano una cosmologia personale ed elastica.
Addestrato in Nihon-ga e ora estendendo il potenziale del genere, i dipinti atmosferici di Hiroshi Sugito ritraggono spazi e oggetti in scale conflittuali, ponendo in discussione il punto di vista o i punti di vista. Sugito utilizza cornici vintage decorative come strumenti per comporre e comprimere le sue immagini riflessive. Al contrario, il dipinto Color Field del 1977 di Kenneth Noland, un punto culminante nell’astrazione americana, potrebbe dimostrare il suddetto concetto giapponese di “ma” enfatizzando lo spazio vuoto come soggetto principale racchiuso da strisce grafiche.
Infine, un’opera singolare in vetro colorato del maestro residente per lungo tempo a Venezia Yoichi Ohira ci ricorda dove ci troviamo; la fulgida capitale della maestria del vetro.
an arena presenta Natura vs. Cultura come una partita in pareggio.
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an arena è stata realizzata grazie ai generosi contributi degli artisti e con la partecipazione delle loro gallerie: Gagosian, Tomio Koyama, Pierre Marie Giraud, Hagiwara Projects, Kayokoyuki, Take Ninagawa, e Misako & Rosen.
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